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Un nuovo inizio… (?)

Nessuno forse si sarebbe mai aspettato un evento del genere. In poco tempo un nemico “invisibile” ha cambiato radicalmente le abitudini umane, portandoci spesso a riflettere su noi stessi… a capire davvero cosa voglia dire l’isolamento dagli altri, la paura, l’attesa… abbiamo pensato a noi, al nostro presente, al futuro… ai nostri cari. Lentamente, come una candela ci siamo “spenti”, insieme a tutte le attività produttive, lasciando un gran silenzio dentro e fuori di noi… Questo momento difficile in realtà porta con sé anche una grande opportunità… quella del cambiamento. Impareremo forse a vivere meglio, riusciremo a prenderci più cura di noi stessi… saremo in grado di avere una visione diversa delle cose e delle persone che ci circondano, un po’ come fanno i bambini… magari torneremo anche a sorprenderci per ogni cosa. Ne usciremo più forti e lentamente ci riprenderemo… ritroveremo i luoghi, le persone, i familiari, gli amici… cureremo le ferite. Perché non cogliere davvero l’occasione per “fare pace” con la natura e darle più spazio e rispetto? Sarebbe una svolta. Davvero. Un nuovo inizio. Roma… come tante altre città italiane, immersa ormai nel silenzio da più di un mese, è ancora più bella. Al mattino si riescono a sentire “i rumori di fondo”… si percepisce un’aria “frizzante”, pulita, leggera… la natura respira, gli animali lentamente hanno ripreso gli spazi che gli abbiamo portato via in poco tempo. E se davvero riflettessimo anche sullo spazio che “ci è stato tolto” in questo periodo? Immaginando solo per un momento di poter essere noi quegli animali, a cui nel tempo è stato negato loro lo spazio…? Capiremmo. Ne usciremo migliori… sicuramente… ma, c’è bisogno di collaborazione, unità, rispetto, come ci sono stati in questo periodo. Così come ci prendiamo cura delle persone ammalate, dovremmo ritrovare un’umanità che lentamente abbiamo perso… prendiamoci cura di noi e di ciò che ci circonda. Possiamo fare la differenza… facciamola, adesso… diamo vita a un nuovo inizio. Roma, 25/04/2020

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Riflessioni

Scriverò di questo periodo storico segnato da un virus dal nome Covid-19. Dirò che da un giorno all’altro ci siamo trovati catapultati in una realtà che di reale aveva ben poco. Di giornate scandite da una libertà compromessa perché ciò che contava era attenersi a certe regole per poter debellare il maledetto virus. Dirò che ci erano mancati gli abbracci e gli sguardi. Dirò che la nostra libertà era stata circoscritta tra le mura domestiche e l’unico modo per sentire la vita sfiorarti il viso, era esporsi alla finestra. Dirò che non erano mancati i momenti di sconforto ma se d’altronde pensavi a chi sfortunatamente era capitato in letto d’ospedale attaccato alla speranza di un respiratore, allora sì che lamentarsi diventava una bestemmia, e nonostante tutto dovevi sentirti fortunato. Dirò che in televisione e sui social non si parlava d’altro e che ogni bollettino giornaliero pronunciato dalla protezione civile, ti regalava momenti di suspanse fatti di ansie e speranze allo stesso tempo. Dirò che mai come adesso avevo capito quanto è importante la libertà e quanto sono importanti i rapporti sinceri. Dirò che questo momento mi aveva fatto capire che non tutte le persone tengono a te nella stessa misura. Dirò che anche una semplice telefonata era stata capace di darmi sollievo e che le videochiamate erano diventate l’unico modo per sentirti più vicino a qualcuno. Dirò che questo era stato il periodo della prova, e che come combattenti eravamo stati messi in trincea a lottare contro un nemico invisibile ma non per questo innocuo. Dirò che questa quarantena mi aveva fatto riscoprire una forza che nemmeno io conoscevo e che era l’unico elemento indispensabile per non crollare. Dirò che nell’attesa di tornare alla vita di tutti i giorni, avevo imparato ad assaporare ogni attimo… Infine dirò che per quanto la tempesta ci sconvolge, non c’è arcobaleno che non spazzi via le nuvole, perché in fondo se ci credi, ANDRÀ TUTTO BENE!

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E ci batteva il cuore

Solo in questo silenzio assordante ascolto il profondo del mio cuore che esulta di amore in Te.

La gioia e la speranza non mi abbandonano, risuonano ancora più forti perché Lo sento dentro di me.

Vorrei solo che ogni essere umano ritrovasse Lui che è dentro di noi.

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Chiamati ad essere soldati

In questa “guerra” siamo chiamati ad essere soldati. Come in ogni guerra, ognuno ha un ruolo, c’è chi deve restare a casa, chi deve dettare regole e assumersi responsabilità. Ognuno con una propria realtà e visione del mondo. C’è chi vive con paura ma con coraggio, nonostante le ferite, chi invece non sa come gestirsi, perché non c’è soltanto una battaglia fuori dalle nostre case ma anche dentro di noi… In questi giorni tutti dobbiamo sentirci soldati/eroi, chiamati a portare uno scudo per difenderci e difendere le persone che amiamo. I nostri scudi e le nostre armi sono la fede, il coraggio e l’amore ma anche il solo semplice stare “attenti”. Ognuno di noi deve sentirsi soldato eroe che combatte contro il nemico invisibile. Dobbiamo vivere con presenza, consapevolezza, imparare e trovare un motivo.. E’ una guerra e vinceremo, non si sa come e quale prezzo ma ricostruiremo tutto più bello… solo se in questi giorni combatteremo come… della luce, una luce cosi forte da invadere non territori ma i cuori delle persone che incontriamo con lo sguardo. Alziamoci in piedi, indossiamo le armature combattiamo.

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Passato, presente e futuro

Mi piacerebbe vedere
Il passato lontano come un vecchio ricordo, un momento svanito. Mi piacerebbe vedere
Un corpo più sano
Un po’ meno tondo
Un po’ deperito.
Mi piacerebbe vedere
Un fisico snello
Come una grande vittoria
A cui non serve una cura
Mi piacerebbe vedere
Un braccio più bello
Che racconta una storia
Che mette paura.
Mi piacerebbe vedere
Il passato rimosso
Che non più maledica
Il presente che viene.
Mi piacerebbe vedere
Il futuro nascosto
Che sappia e mi dica
Che la vita è più lieve.

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Timide riflessioni di un’insegnante

Mi sono chiesta spesso, in questi giorni di riflessione voluta e forzata, quale sia il ruolo di tutti noi che non svolgiamo professioni sanitarie in questa emergenza: per la prima volta nella vita ho quasi rimpianto di esser sempre stata, per necessità professionali e personali, una ricercatrice da poltrona. Quando l’impazienza, l’impotenza ti bruciano il cuore e le mani è difficile farci i conti, ma poi ho pensato ai miei ragazzi. Alla loro gratitudine quando il suono delle nostre voci rompe la monotonia dei loro giorni, ai messaggi che mando loro perché non si sentano soli, al fatto che spesso mi sforzo di dar loro risposte che vorrei ricevere io per prima, al calore reciproco che si spande nell’etere e mi sono sentita utile, nel mio piccolo. Siamo tutti utili, a non disperderci. A restare insieme. A volerci quel Bene che dice Cortázar: “Además te quiero, y hace tiempo y frío”. [ E POI TI VOGLIO BENE, NEL TEMPO E NEL FREDDO]

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Più che un tango, una riflessione a passo di valzer

Dev’essere stato all’inizio, sin dal primo momento in cui Marlon, alias Paul, impone alla sua futura coinquilina ed amante di bandire nomi e ricordi dallo spazio e dal tempo condiviso in un appartamento piuttosto spoglio, eppure ancora impregnato delle vite di chi l’aveva occupato prima che per chissà quale ragione fosse abbandonato e dato in locazione. Chi ha visto il film avrà capito di che cosa parlo. Per chi non lo conoscesse, il film cui alludo è “Ultimo tango a Parigi”, di Bertolucci. Credo sia stata proprio la precisa volontà di rimozione, di cancellazione, di contraffazione di Paul ad innescare in me una catena di pensieri orbitanti attorno a quel grande spauracchio che è la fine dell’esistenza terrena, la morte. Non sapevo ancora come sarebbe andato a finire il film ma avevo captato sin da subito l’impulso autodistruttivo dei protagonisti della travagliata storia d’amore messa in scena da Bertolucci. In realtà, però, riflettendoci meglio, potrebbe essere la sotterranea angoscia della reclusione forzata che ci costringe ormai a casa da un mese, ad essersi insinuata nel mio inconscio nella veste di un pensiero tanto malinconico quanto terribile. Allora, la riflessione che vorrei condividere con voi è più che altro un incoraggiamento ad abbandonare le inibizioni, quei freni che spesso ci limitano nelle relazioni sociali. Lo dico in primis a me stessa, che prima del sopraggiungere dell’emergenza, mi sono lasciata frenare dalla paura del giudizio, di un eventuale rifiuto, rinunciando così ad esternare i miei sentimenti incipienti ad una persona che conoscevo da poco e dalla quale, evidentemente, ero intimorita. E sì, perché a Paul, che non riesce a darsi pace per non aver compreso chi fosse in realtà sua moglie, suicidatasi da poco, e quali celate preoccupazioni l’avessero turbata in vita, non restano che profonda sfiducia e orrore per il prossimo. E allora riversa tutta la sua frustrazione e tutto il suo dolore sulla giovane ragazza che gli contrappone invece una disarmante purezza di spirito, un sentimento incondizionato sembrerebbe, assecondandolo spesso nelle sue nefandezze. Tuttavia il rapporto tra i due evolve, Paul a poco a poco cambia atteggiamento ed ecco, però, che alla fine arriva il colpo di scena: Paul finalmente si scrolla di dosso le ultime briciole di resistenza che ancora opponeva all’insistenza della ragazza a rivelare la sua vera identità, a darsi interamente a lei e le dichiara il suo amore. È troppo tardi e deve fare i conti con la crudeltà di un mutato universo emotivo e sentimentale della ragazza, che si mostra ormai disinteressata a accoglierlo con le sue fragilità, col suo passato, col lutto che si trascina dietro. Credo che la colpa, se così vogliamo chiamarla, o forse sarebbe meglio parlare di occasione persa, bruciata dal tempismo imperfetto dell’incontro/scontro tra due temperamenti propensi sì all’amore, ma appunto con uno scarto temporale che risulterà fatale, sia di entrambi. Allora il mio augurio per tutti noi, per l’umanità intera, è di tornare, dopo l’agognata fine della quarantena, a relazionarci col prossimo armati di una maggiore consapevolezza di noi stessi e di chi ci sta di fronte. Spero tanto che saremo in grado di sapere ascoltare meglio noi stessi, di rispettare di più il nostro mondo interiore e di valorizzare sempre chi ci troviamo davanti, senza più alcun timore di metterci a nudo perché potremmo di nuovo, da un momento all’altro, trovarci a dover fare a meno dell’altr* . Non so se sia riuscita a dare una parvenza di coerenza e coesione al flusso di queste mie riflessioni ma, ecco, se non altro ci ho provato.

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Sirene

Sirene. Sirene che cantano, sirene che suonano, sirene che strillano. Sirene che gridano urla di disperazione e suoni di speranza. Sirene che si diffondono e raggiungono la tua casa, irrompono nel silenzio che ti circonda. Cosa mai vorrà dire la sirena che sta suonando proprio ora, a distanza di qualche miglio? Sirene di chi non vuol mollare, di chi vuole vivere, di chi ci sta mettendo il cuore per far in modo che queste sirene non suonino più.

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Little place..

Ci saranno tempi migliori, che passeranno dalle viuzze dei paesi, che lasceranno un’impronta nei paeselli, per poi andare nelle città… Busseranno alle porte con dolcezza e lasceranno un regalo di leggerezza… passeranno alla raccolta dei fiori per donarli alle persone migliori.. Perché suona oramai come una melodia: ci saranno tempi migliori..

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La serenità rubata

È un periodo complicato, drammatico per chi è stato derubato di una persona cara, per gli altri, incerto, sgomenti di fronte all’ignoto, ad una paura che era sempre stata lontana, appartenuta a mondi diversi dal nostro. Per chi come me è fortunato, sembra quasi di godere di una serenità rubata, e per questo impropria, inopportuna. Eppure c’è una grande serenità nel mio animo, forse scudo illusorio di un avvenire che non si sa quale avvenire sarà. Ma più il futuro è sfocato, più emerge cosa è davvero importante per ognuno di noi. Vivo il presente e seppure separato dalla maggior parte dei miei cari, sapere che stanno bene è l’unica cosa che conta, tutto il resto affonda, si vedrà, chissà, non importa. Ed eccola, la serenità rubata, consapevole di avere una fortuna grande, fondata sulla speranza che passata la tempesta le cose importanti saranno di nuovo lì, più importanti di prima. E noi saremo lì, più consapevoli di prima, pronti a vivere per le cose che sono più importanti per noi, davvero.