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E ci batteva il cuore

Solo in questo silenzio assordante ascolto il profondo del mio cuore che esulta di amore in Te.

La gioia e la speranza non mi abbandonano, risuonano ancora più forti perché Lo sento dentro di me.

Vorrei solo che ogni essere umano ritrovasse Lui che è dentro di noi.

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Chiamati ad essere soldati

In questa “guerra” siamo chiamati ad essere soldati. Come in ogni guerra, ognuno ha un ruolo, c’è chi deve restare a casa, chi deve dettare regole e assumersi responsabilità. Ognuno con una propria realtà e visione del mondo. C’è chi vive con paura ma con coraggio, nonostante le ferite, chi invece non sa come gestirsi, perché non c’è soltanto una battaglia fuori dalle nostre case ma anche dentro di noi… In questi giorni tutti dobbiamo sentirci soldati/eroi, chiamati a portare uno scudo per difenderci e difendere le persone che amiamo. I nostri scudi e le nostre armi sono la fede, il coraggio e l’amore ma anche il solo semplice stare “attenti”. Ognuno di noi deve sentirsi soldato eroe che combatte contro il nemico invisibile. Dobbiamo vivere con presenza, consapevolezza, imparare e trovare un motivo.. E’ una guerra e vinceremo, non si sa come e quale prezzo ma ricostruiremo tutto più bello… solo se in questi giorni combatteremo come… della luce, una luce cosi forte da invadere non territori ma i cuori delle persone che incontriamo con lo sguardo. Alziamoci in piedi, indossiamo le armature combattiamo.

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Un Abbraccio

È in momenti come questi, che mi ritrovo a riflettere maggiormente su ciò che davvero conta per me. Mi rendo conto di come abbia dato, troppo spesso, per scontato un gesto, una parola di affetto, un’emozione. Prima ero sempre di fretta, mi sembrava di rincorrere il tempo e invece di dare il giusto valore alle cose, le incastravo come meglio potevo. Mi sentivo anche in colpa se non riuscivo a fare tutto ciò che desideravo, tra lavoro e affetti. Le giornate mi passavano veloci e la mia percezione era di non aver concluso nulla. Certo, magari ero riuscita a vedere per un’oretta una persona che non vedevo da tempo, o gli avevo dedicato qualche minuto della mia vita, ma non stavo facendo la cosa giusta. Perché ogni cosa merita il suo tempo. Ogni persona, ogni sensazione, merita di essere vissuta a pieno, non di corsa. Dopo più di un mese di lontananza forzata, mi rendo conto di quanto mi manchi l’abbraccio della persona che amo. E mi ritrovo a pensare al numero di abbracci che ci siamo dati in tutti questi anni e alla fine, per quanti siano stati, mi sembrano pochi. Sento maggiormente la sua mancanza, proprio perché non è scontato che nel fine settimana ci potremo vedere, anzi. Siamo sempre stati indipendenti, non avevamo “bisogno” di vederci per stare bene. Abbiamo due vite piene, con i nostri hobby, e forse era ancor più bello poi ritrovarsi insieme. È il nostro strano equilibrio, che ci permette di essere noi stessi e coppia. Ma ad oggi, mi rendo conto che qualcosa di sbagliato c’era. Quella maledetta domenica sera me la ricordo benissimo. A fine di un week end insieme, mi ha riaccompagnata a casa come sempre, ma siccome non volevamo fare tardi, ci siamo salutati velocemente. Un abbraccio, qualche bacio e poi ognuno è tornato a casa sua, pronto ad affrontare la settimana, in vista del prossimo week end. Week end che invece non è arrivato. Così mi dico che sono stata una sciocca, che avrei dovuto dedicargli più tempo, che mi sarei dovuta perdere in quell’abbraccio, che lo avrei dovuto baciare con più calore. Lo stesso vale per i miei affetti. Mi manca soprattutto poterli abbracciare, fargli sapere, fino in fondo che ci sono per loro. È vero che se ci si vuole bene, la distanza non conta, ma d’altro canto è vero anche che ti rendi conto del valore di una cosa, solo quanto ti viene tolta. Perciò voglio impegnarmi, non appena mi sarà possibile farlo anche concretamente e fisicamente, di vivermi più profondamente le cose. Di rallentare un po’ e di dedicare il giusto tempo a ciò che mi fa stare bene e so che fa stare bene chi amo.

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Il cambiamento e la paura

O la paura del cambiamento? Il distanziamento sociale mi intristisce, ma mi da anche sicurezza, ma il cambiamento mi destabilizza. Quello che sto vivendo ora, lo gestisco, ma i cambiamenti che seguiranno, che saranno imposti da altri, per il bene comune o per scelte personali , che in qualche modo mi influenzeranno. Non abbiamo risposte per il futuro, e questo mi fa paura .

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Con occhi nuovi

Che strano….. è servito un minuscolo, impercettibile essere per far capire al mondo che doveva fermarsi. Che forse era arrivato il tempo per vedere la vita da un altro punto di vista. Per far comprendere all’uomo la bellezza delle cose semplici, l’importanza degli affetti, il sapore della libertà…. Nella frenesia della nostra quotidiana vita quante cose ci siamo persi… Ora guardiamole bene e impariamo a farne tesoro per quando ricominceremo a gustarci davvero la vita. Buona osservazione

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Poter continuare a sognare

Ho iniziato questa quarantena pensando incessantemente a quanto fossi stata sfigata: dovevo sposarmi, dovevo fare la prima prova del vestito, dovevo iniziare a consegnare le partecipazioni…dovevo insomma godermi il momento più importante della mia vita. “Questa crisi ci renderà migliori” ripetevano tutti, lo cantavano dai balconi, lo postavano sullo status di whatsapp…ma io, in me, non riuscivo a vedere nessuno spiraglio di miglioria, dato che continuavo solo ed esclusivamente a pensare a quello che la pandemia aveva portato via A ME. Non riuscivo a rassegnarmi. Mi aveva portato via un SOGNO che avrei voluto vivere con NORMALITA’ e serenità, come avevano fatto tutti prima di me. Ero arrabbiata, anzi tremendamente incazzata. Tutti si facevano coraggio cantando dai balconi, dandosi da fare in cucina, condividendo video esilaranti di gente che si preparava con entusiasmo per andare a buttare l’immondizia, mentre io trascorrevo le mie giornate guardando quelle bomboniere che dovevo finire di confezionare e rimpiangendo tremendamente quella serenità data da una semplice normalità che avevo perduto. E pensare che quella normalità l’avevo sempre data per scontata, non rendendomi conto che era il dono più grande che avevo finora ricevuto. Quella normalità che spesso rovinavamo con stupide litigate, stupidi nervosismi… E’ passato un mese e mezzo dall’impatto devastante dell’arrivo di questo maledetto virus e mi sento maledettamente in colpa per la mia rabbia iniziale. E’ vero, ho dovuto accantonare un sogno che avevo tenuto nel cassetto per un bel po’ di anni (17!), ma posso continuare a sognare e questo credo sia il dono più grande. Non a tutti è concesso, soprattutto in questo momento. C’è una sofferenza diffusa, nonni (e non solo) che muoiono, persone che lottano per la vita…come avevo potuto pensare a me stessa e a quello che mi era stato tolto? “Questa crisi ci renderà migliori” continuano a ripetere tutti. Chissà che non stia rendendo migliore anche me?

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Esperienza personale da Volontario di Protezione Civile

Ciao, sono un volontario di Protezione Civile e in questa maledetta e invisibile “guerra” tra i molteplici servizi, stiamo consegnando anche la spesa a domicilio. Quando esco di casa, indosso le cuffiette e percorrendo la strada per arrivare in sede, mi fermo svariate volte, la prima a guardare la mia montagna e promettergli che un giorno tornerò a scalarla e guardare il mondo proprio da lì su, poi mi fermo a salutare “Marley” (labrador nero) che mi aspetta per ricevere le coccole e in questi 15 minuti di camminata penso: “che bello finalmente esco a prendere un po di aria fresca e farmi una passeggiata, ma appena girato l’angolo per entrare in sede inizia a salirmi la tensione, a mancarmi il respiro ed aver paura anche di abbassare una semplice maniglia. Poi quando incontri i tuoi amici e colleghi si ride e si scherza e si prende il servizio, si arriva al supermercato e anche li mentre ci consegnano i pacchi ci scappa una chiacchiera e una risata e si parte e…. …ed è proprio in questo momento che entro nella fase: “Maurizio fai attenzione a non toccarti la bocca, gli occhi e il naso con le mani, mi raccomando, anche se ti si appannano gli occhiali non toglierti mai la mascherina, ricordati di stare lontano dalle persone, fai attenzione a quando ti consegnano i soldi e mi raccomando usa il meno possibile le mani, se si rompe un guanto cambialo o meglio aggiungilo a quelli che già hai senza problemi. La “fortuna” vuole che con le persone piano piano ci stiamo entrando in confidenza e si ha quella sensazione di conoscerle da una vita, anche se conosciamo solamente il loro indirizzo e il loro nome che leggiamo sul foglio delle consegne. Qualcuno ci lascia una piccola donazione per un caffè, qualcuno non smette mai dirci “grazie” fino a quando non saliamo nuovamente sul furgone, ma tutti anche con un semplice sguardo ci dicono GRAZIE. Alla fine si rientra in sede, si disinfetta il mezzo si compilano le famose scartoffie, ci si saluta e si ripercorre la strada al contrario per tornare a casa e un pochetto mi tranquillizzo, ma ripenso se ho fatto veramente attenzione oppure qualche volta mi sono distratto e facendo un sospiro di sollievo continuo a ridere ripensando alle battute dei miei colleghi, del personale del supermercato e delle persone. Arrivo a casa, mi svesto mettendo fuori la divisa e vado a lavarmi le mani con disinfettante, spirito e chi più ne ha ne metta… e si spera di non essere stati contagiati. In conclusione da questa “guerra” invisibile che sto vivendo mi sta insegnando che quando non ce la facciamo con le nostre forze bisogna chiedere aiuto senza vergogna. Grazie a chi ha deciso di dedicare del tempo a leggere il mio pensiero, se posso darvi un consiglio valutate se mettere a disposizione un po di tempo della vostra vita ad aiutare chi ha bisogno anche di una semplice chiacchierata. Saluti, Maurizio 

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Poche parole

Come sono belle le piazze di paese quando la prima luce del sole rimpiange la notte e il silenzio non è scomposto dal rumore delle macchine.

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Correva l’anno 2020…

Correvano tempi grigi in quel periodo, io me lo ricordo molto bene, anche se all’epoca non ci rendevamo conto di ciò che ci stava accadendo. E certo erano tempi incerti, quelli senza una rotta maestra ad indicarti la via, quelli senza un esempio chs valeva la pena seguire, quelli dove tutto era affidato al buon senso degli individui, pregando Iddio che ne avessero. Oggi, col senno di poi, potremmo dire che la vita procedeva per inerzia a quel tempo, tutti i valori fondanti della società cadevano giù uno ad uno come birilli, sdoganati da uomini e donne vittime del loro tempo, privati lentamente di ogni facoltà intellettuale, atrofizzati nel loro pensiero razionale, spogliati progressivamente di tutti quei valori che erano stati la base del mondo in cui vivevano. Un lento ma inesorabile declino si affacciava loro davanti, il Nuovo Medioevo, come lo chiamiamo oggi, era alle porte. Esso stava facendo il suo ingresso in quello che era definito allora il mondo moderno, il mondo globalizzato dove non dovevano esistere confini né limiti, il luogo dei desideri. Ma si sa, quando si è abituati ad avere tanto senza aver mai lottato per ottenerlo, il rischio che più facilmente si corre, nella migliore delle ipotesi, è quello di dare per scontato ciò che si ha tra le mani, di sminuirlo, fino ad arrivare a rinnegarlo. E così accadde. I movimenti nazionalisti riacquisirono un inaspettato potere, convogliando rancori e paure verso il diverso: quello che veniva dal mare, quello che professava un altro credo religioso, quello che amava una persona del suo stesso sesso. Nessuno fu escluso e a stento si riusciva ad arginare la barbarie che avanzava. Gli Stati si confinavano su se stessi, tornarono i dazi, la minaccia di una guerra era sempre all’ordine del giorno. Anche la natura pagava il suo prezzo, ma più che pagarla lei, la faceva pagare a noi, colpevoli di non aver avuto cura del suo immenso patrimonio a disposizione. E così vennero la siccità, i tornado, gli alluvioni. Sciami di cavallette distruggevano i raccolti costringendo coltivatori in miseria mentre le api sparivano e alberi senza frutto palesavano la loro assenza. Non ci facevamo mancare nulla. Ma non capivamo ancora. Poi, come ogni Medioevo comanda, quasi a ristabilire l’ordine delle cose, arrivò lei. L’epidemia. Il covid-19 lo chiamarono.

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Passato, presente e futuro

Mi piacerebbe vedere
Il passato lontano come un vecchio ricordo, un momento svanito. Mi piacerebbe vedere
Un corpo più sano
Un po’ meno tondo
Un po’ deperito.
Mi piacerebbe vedere
Un fisico snello
Come una grande vittoria
A cui non serve una cura
Mi piacerebbe vedere
Un braccio più bello
Che racconta una storia
Che mette paura.
Mi piacerebbe vedere
Il passato rimosso
Che non più maledica
Il presente che viene.
Mi piacerebbe vedere
Il futuro nascosto
Che sappia e mi dica
Che la vita è più lieve.